venerdì 30 gennaio 2009

Un padre e un padre 2

Robert Pange e Padre Julian tornano in altri 3 importanti passaggi di questa storia.
Buona lettura!


Negazione


Padre Donald stava controllando quanto vino fosse rimasto nelle botti. Non era un vero e proprio rito serale ma poco ci mancava. La perpetua se n’era andata dopo aver lavato i piatti e, topi a parte, nella piccola cantina ricavata nel refettorio, non c’era nessuno. Non c’era nessuno in tutta la parrocchia. Se avesse temuto i morti seppelliti sotto la chiesa, con quei tuoni, avrebbe battuto i denti dalla paura. Ma l’unica cosa che temeva il londinese era la fine delle scorte di sigarette e, soprattutto, del whisky. Sentì rientrare il collega dopo il terzo bicchiere. Non era propriamente ubriaco ma non ci mancava poi molto.
“Ma non mi dire, avete di nuovo bevuto!” enunciò stizzito appena varcata la soglia
“Ce ne hai messo di tempo! I bambini di Penge non volevano farti venire via? Con me fanno sempre così”
“No, è che piove tanto. Abbiamo aspettato che spiovesse un po’, perdita di tempo” Padre Julian si andò ad asciugare i capelli con il phon. Si sentiva ancora un po’ scosso. Finito di preparare il pane, l’allegra brigata non ne aveva voluto sapere di lasciarlo andare. In particolare Robert. Avevano mangiato il pane, delle noci, le patate cotte al forno e le caramelle. A fine pasto Robert aveva immerso due mele nello zucchero fuso. Il prete fu sicuro di non aver in vita sua assaggiato qualcosa di altrettanto delizioso. Certo se avesse avuto un po’ più di senno, avrebbe evitato. I suoi denti si sarebbero cariati entro l’anno. Ma come negarsi quell’incanto? Quando l’uomo gli aveva avvicinato alla bocca lo stecchino sul quale era infilzato il pezzetto di mela zuccherosa, non aveva dovuto far altro che schiudere le labbra e lasciarsi andare ad un piacere mai provato.
“Davvero buona da leccarsi i baffi” aveva enunciato raccogliendo con le dita i rimasugli di zucchero ai lati della bocca. Era successo appena un’ora prima. Robert non smetteva di ridere e di sembrare così felice. Se il motivo di tanta felicità era lo zucchero e la farina, beh tanto valeva sacrificarne un po’ per i Penge più spesso. Donald con la sua presenza ingombrante venne a interrompere la processione dei ricordi.
“Hai una faccia buffa stasera e… e anche il modo in cui ti sei vestito è parecchio buffo. Questi pantaloni a coste e questa maglietta rossiccia da dove saltano fuori?” Desolato, Julian si rese conto che doveva rispondere per educazione, ma quanto imbarazzo doverlo ammettere.
“Hai accettato i vestiti di quel bifolco? Non è da te!”
“Non è affatto un bifolco, e mi stupisce che da uno come te esca un epiteto tale”
“Che sarebbe a dire -uno come me-?”
“Lo sai, un prete con idee riformiste”.
“Anticonvenzionali casomai. Sì, lo sono, anticonvenzionale, intendo. E tu invece?”
“Non parliamo di politica. Lo sai che non sono d’accordo praticamente su niente con te” e sotto sotto un pensiero –e poi sei ubriaco, potresti dirne di scemenze-.
“Hai un’aria strana con quella roba addosso. A parte che ti sta larga perché il boscaiolo è il doppio di te tanto d’altezza che di stazza. Ma è quell’aria da ragazzo con la testa tra le nuvole che ti rende diverso. Non te l’ho mai vista, anzi sì e proprio ultimamente, mentre ci guardavi che ci allenavamo”
“Non so di cosa stai parlando, o sparlando… “
“Ah… te no ma io si! Ricordo, dove ho visto quel tipo di ammirazione, e non era certo di fronte alla volta della cappella Sistina. Sì, eravamo a Roma, avevo ancora i capelli del mio colore naturale e andai a un teatro, l’Ambra Jovinelli mi sembra si chiamasse. Beh quei militari avevano la bava alla bocca e gli occhi fuori dalle orbite proprio come te, sembra proprio che il boscaiolo ti faccia lo stesso effetto!”
“Mai sentite tante sciocchezze tutte insieme. Queste accuse ignobili e sconce sono degne di te. Basta, vado a letto” scattò in piedi e sembrò, per qualche decimo di secondo, che dovesse cadere inciampando proprio sull’orlo, o sulla mancanza di tale, dei pantaloni di Robert.
Poteva esistere un essere più rozzo e inopportuno? Come poteva saltargli in mente una cosa simile?
Ma come osa affermare che io possa minimamente provare attrazione per un… per il signor Pange!? Si allontanò dal suo aguzzino tremando.
Arrivò nella sua stanza con il fiatone. E dopo aver riflettuto un attimo, tornò in sé. Donald era ubriaco, probabilmente avrebbe confuso il canto di un canarino con l’ululato di un lupo. E vedeva streghe là dove c’erano solo zucche.
Purtroppo però, mentre si spogliava, non poté trattenersi dall’annusare il maglione che gli aveva prestato il bel vedovo. Emanava un effluvio di boschi che sembrò spargersi in tutta l’angusta stanzetta. Julian fissò per qualche minuto il crocefisso sopra il suo letto e sospirò. Più cercava di non pensare alle scempiaggini del vecchio sacerdote e più gli tornava in mente il volto rilassato di Robert. E poi che aveva da guardarlo in quella maniera? Si conoscevano da tanto ormai, non aveva consacrato il suo matrimonio ma aveva battezzato due dei suoi figli. Era un caro amico, per quanto un uomo può arrivare a essere amico di un prete. Non gli aveva mai dato troppa confidenza. No, Julian non era un uomo che dava confidenza con facilità, tutt’altro.



Presepe e ricordi


Padre Julian passò la notte rigirandosi più volte nel letto. Dopo essersi alzato, si affacciò stancamente a guardare fuori dalla finestrella e controllare se avesse fatto giorno. Si accertò che la notte la faceva ancora da padrona, ma non doveva mancare molto all’alba. Aveva nevicato ininterrottamente dunque un manto di neve alta oltre il metro circondava la piccola cattedrale. Era sabato, e tanto per Julian quanto per Donald non contava più molto domandarsi quanti sarebbero stati coloro che avrebbero presenziato le funzioni. Anche perché l’unico a tenerci veramente era il prete più giovane. Alle sette in punto iniziò la messa. Donald dormiva ancora. Non essendo le stanze di due sacerdoti tanto distanti dalla basilica, era lecito domandarsi se, dato il silenzio, non si sarebbe udito il russare del vecchio ubriacone. Anche se a lamentarsene, sarebbero state solo le due sorelle Mcdowel, la vedova Eylem Sosbil, e due uomini che non aveva mai visto. Finita la prima funzione, si dedicò alle sue piante e gli animali da cortile. Fece colazione. Donald presenziò la messa del pomeriggio che si rivelò la più vivace poiché c’erano i bambini della prima comunione. Volevano mettere su il Presepe con quel poco che avevano. Julian, dal suo osservatorio speciale dietro la navata, notò subito i figli di Pange e si domandò se fossero venuti da soli o li avesse accompagnati il loro papà. E le accuse di Padre Donald tornarono a turbarlo. I bambini avevano in mano delle piccole statuette di legno sicuramente opera del lavoro artigianale del padre. Robert Pange non era solo un competente tagliaboschi, costruiva oggetti di legno che, qualche volta, riusciva a vendere o a barattare con vestiti o cibo.
Padre Julian attese la fine della funzione prima di osservare il lavoro dei ragazzi. Gli oggetti dei piccoli Pange erano deliziosi. Dai dettagli si evinceva la solerzia con la quale l’artista ci aveva lavorato. Erano quasi commoventi e l’emozione che travolse il sacerdote lo avrebbe fatto star male per le successive ore. Di fatti, quella sera Julian non toccò praticamente cibo e stette alla larga da suo collega. Lo implorò di non frequentare la botte come la sera precedente. Gli giunse come risposta uno sberleffo. Tra le quattro mura della sua stanza, dovette tornare a combattere contro i suoi demoni. Non sapeva che volto avessero, che voce avessero, ma ne sentiva la presenza ogni qual volta pensava a Pange. Ed era tremendo perché Julian voleva seriamente avere un amico, per quanto un prete può essere amico di un uomo. E Robert, durante quegli anni, era divenuto uno di quelli più vicini a lui. Perché lasciarsi influenzare da quei pettegolezzi? Da quelle maldicenze. No, probabilmente erano i libri che leggeva, la gente che aveva frequentato in giro per l’Europa, ad aver fatto diventare quel pretaccio ubriacone così malizioso, considerò sconfortato. In un gesto nervoso si aggiustò i capelli. Ripensò alle perle d’acqua che avevano colpito Robert. Era accanto a lui. Così vicino… troppo vicino? Qual era il limite nel quale due uomini dovevano muoversi? E come conoscere quel limite? Come accertarsi di averlo o meno superato? E poi Pange era decisamente attraente, per quanto un uomo non di mondo quale era Julian poteva considerare. Che ne sapeva un prete della vera bellezza? C’erano state delle ragazze, durante l’ultima parte dell’infanzia, che aveva trovato belle. I capelli lunghi raccolti, le labbra color delle pesche mature, i seni alti sotto magliette castigate. Quelle giovani donne gli avevano procurato delle emozioni. Ma non gli aveva dato alcun peso. Era più che normale. L’undicenne, per quanto votato alla vita ecclesiastica, aveva scoperto il sesso da sé come la maggior parte degli adolescenti, e provava attrazione per le giovani donne che vedeva in paese. Era finita la guerra da poco, e, stancamente, gli uomini tornavano a casa. Gli uomini… che buffe creature. Esotiche per di più. L’essere nato in pieno conflitto mondiale lo aveva costretto come la maggior parte dei suoi coetanei, ad ignorare l’aspetto dei maschi nella migliore delle età. Vecchi e ragazzini, erano gli unici del suo sesso che aveva avuto modo di frequentare, e ora, all’improvviso, le strade si ripopolavano di aitanti giovanotti, alcuni biondi altri con i cappelli più scuri, i baffi, la barba. Non ci volle molto che l’adolescente Julian scoprisse più stuzzicanti toraci villosi rispetto ai seni abbarbicati dietro complicati vestiari. Essere a quel punto in seminario fu una benedizione. Gli abiti talari nei quali gli uomini di chiesa celavano le virilità erano quanto di meno erotizzante ci fosse al mondo, almeno secondo i gusti di Julian. Ma troppo spesso capitava, magari durante una passeggiata a piedi, nel percorso tra la diocesi e la vecchia casa dei suoi genitori, di scorgere qualche operaio edile, o quale contadino, per non parlare poi dei tagliaboschi… erano sempre quelli che esponevamo più centimetri di epidermide. A quel ricordo un brivido gli trapassò la schiena. C’era già stato un giovane boscaiolo. Il ragazzotto, poco più grande di lui ma già sposato, veniva spesso a consegnare fascine e dispensare sorrisi, in particolare a lui. Julian era un bel ragazzo, giovane e pieno di fascino involontario, ed era normale che qualcuno puntasse lo sguardo su di lui. Capitava di continuo. E quel giovane sembrava proprio interessato ad -approfondire- la conoscenza. Una volta avevano pure fumato insieme. Per Julian fu la prima e l’ultima volta. Poi successe qualcosa. Una gravidanza interrotta, un’amante che aveva fatto delle dichiarazioni a sua moglie, insomma il ragazzo era stato sostituito da un altro, brutto logicamente. E l’anima di Julian era rimasta pura. Basta! Si disse, basta con i ricordi, con i ricordi di quelle sensazioni tutt’altro che spiacevoli ma, quanto mai, disdicevoli, che rivelavano quanto di vero ci fosse nelle arringhe ubriache di padre Donald. Non era più un ragazzetto di sedici anni, era un uomo, un prete per di più. Con ligi doveri morali da rispettare. E Robert era un parrocchiano come tanti, un padre di famiglia come tanti. Un boscaiolo… che contava se le sue braccia fossero così attraenti e le spalle ampie? Per non parlare poi del sorriso che si allargava sul suo volto, ogni qual volta incontrava il suo… Julian lasciò andare la testa sul cuscino. Di nuovo l’immagine di Pange dopo l’allenamento a torturarlo. Nonostante la temperatura fosse vicina allo zero, si era tolto la maglietta sudata dando sfoggio di una quantità di muscoli. Roba da far sbavare tutta la comunità femminile e una discreta di quella maschile. E la bocca di Julian era rimasta aperta e gli occhi altrettanto spalancati proprio come i commilitoni di Donald durante lo spogliarello nel teatro italiano.


Bocche cucite non fanno danno


Robert Pange non apparteneva a una famiglia di tagliaboschi. Aveva addirittura origini borghesi. I suoi genitori se l’erano vista brutta dopo la guerra, probabilmente a causa delle compagnie sbagliate di suo padre. E c’era stato pure un certo parente che aveva perso dei soldi, parecchio denaro, scommettendo ai cavalli. E così il papà di Robert, per aiutare suo cognato a fuggire dagli usurai, si era ritrovato a fare il macellaio in quel paese anonimo e a tirare la caretta. I figli si erano fatti grandicelli e i vecchi erano morti. Le sorelle di Robert erano tutte emigrate in America, ogni tanto mandavano delle cartoline dalla California oppure delle buste gonfie di foto che ritraevano ossuti ragazzini, bambine lentigginose e tracce del benessere che si erano assicurati. Anche se il giovane Pange, il benessere lo aveva dovuto sempre rincorrere, per un bel periodo lui e sua moglie non avevano tribolato troppo per arrivare a fine mese. Grazie al lavoro duro e al temperamento ostinato, Robert era riuscito a mettere da parte un bel gruzzoletto. Si era costruito da solo la sua casa, ed era riuscito pure ad accaparrarsi durante un’asta, un macchinario per costruire i suoi giocattoli di legno, e tanti altri oggetti. Era l’unico che si era salvato durante la malattia di sua moglie. Aveva venduto parecchi attrezzi ma quello, per miracolo, era stato risparmiato alla razzia. Da quando erano rimasti senza mamma, i bambini dormivano nel letto di loro padre, tranne Dean, ovviamente, che si sentiva già un adulto. I riccioli di Gina riempivano il guanciale un tempo di sua moglie. L’altro bambino stringeva un pupazzo di pezza respirando con difficoltà, era sempre raffreddato. Robert lo spostò di fianco per agevolare il suo sonno. Era ancora presto ma doveva alzarsi. E poi c’erano stati quei sogni a confonderlo, a rattristarlo. Denise, la sua adorata moglie, di nuovo con loro. E poi non più, di nuovo soli. Il profumo del pane. E lo sconosciuto che ogni tanto veniva a bussare alla sua porta… Si alzò per davvero. Accese il fuoco e preparò la colazione. Quando fu sicuro che non nevicasse troppo, uscì a lavorare. Prima di mettere un piede fuori dalla porta, una voce lo bloccò: “Vengo con te papà”
“No, Dean, preferisco che rimani con tuo fratello a casa. Non voglio che restino soli”
“Ma se lavoriamo insieme riusciremo a fare più legna e avremmo più soldi, no?”
“Sei troppo giovane per lavorare”
“Non è vero, nonno diceva sempre che tu a otto anni andavi in macelleria e tiravi su pesantissimi capi di bestiame” era una vecchia storia. Dei tre figli era l’unico ad aver conosciuto il vecchio Pange e considerava il nonno un idolo.
“Non insistere, è troppo freddo. Resterai in casa a badare ai tuoi fratelli. E mi raccomando, prepara a Brian una bella tazza di latte con il miele se ce n’è rimasto , intesi?” il ragazzino fece sì con la testa, deluso. Robert lavorò fino a quando la luce del giorno glielo concesse. Tornò a casa e cenò con i suoi figli. Il giorno appresso fu più o meno identico con la differenza che, verso mezzogiorno, ricevette una visita. La neve sulle piante si scioglieva a stento per merito di un fioco sole.
“Padre Donald, qual buon vento?”
“Qual buon vento? Signor Pange, noi l’aspettavamo per il consueto allenamento. Mancano pochi giorni alla partita”
“Mi dispiace padre, ma io devo lavorare se voglio mettere insieme il pranzo e la cena per i miei figli”.
“Ma lei deve nutrire anche la sua generosità. Io e padre Julian ci teniamo tantissimo che lei tenga alto l’umore della nostra squadra, e poi dove lo troviamo un attaccante di sfondamento come lei? E i suoi geniali colpi di testa”
Robert fece una risata che assomigliava più a una smorfia malinconica.
“A Padre Julian non importa nulla della partita, e non ne fa mistero”
“Perché non si sente coinvolto” a quella frase lo sguardo del tagliaboschi si fece interessato
“Sarebbe a dire?”
“Alla fin fine, per quanto atteggi ad integerrimo uomo di chiesa, è un ragazzo padre Julian, un ragazzo quanto lei. Avete la stessa età se non sbaglio”.
“Mi pare di sì, ma che c’entra questo?”
“Intendo dire che ha voglia di giocare!” uno sghignazzo canzonatorio seguì a ruota l’affermazione di padre Donald. Per quanto avesse da sempre amato il gentil sesso, nonostante la veste che portava, Donald cominciava a intuire il perché quelli come Robert piacessero a -quelli- come Padre Julian e sorrise tra sé malizioso.
“Niente affatto, Padre, Julian non vuole giocare. A lui non interessa. Gli piace dire messa. Pregare e aiutare il prossimo, questo sì. Ma di battere calci d’angolo e segnare goal, no, non gliene importa un fico secco” concluse.
“Ma glielo avete mai chiesto? Avete mai provato ad andare oltre le apparenze?”
“No, in effetti, non glielo ho mai chiesto. Non glielo ho mai chiesto perché credo di intuire già la risposta”
“Ma se glielo chiedete voi, la risposta può essere imprevedibile” Donald si abbassò per controllare se quello che avesse pestato fosse una castagna. Accertato che si trattava solo di un sasso, lo raccolse sorridendo.
“La ringrazia per i fantocci del presepe. È rimasto talmente impressionato”
“Ma è solo dovere”
“No, nient’altro. Non ci dovete niente Mr. Pange”
“Padre Julian è sempre così generoso con la mia famiglia”
Il sacerdote terminò quel dialogo con una frase maliziosa: “E lo sarebbe molto di più se gliene deste la possibilità, credetemi.” Se ne andò inciampando nel fogliame.


Padre Julian aveva da poco terminato l’ultima funzione quando si recò in refettorio. Rose non c’era, anche Donald sembra essersi volatilizzato. Non lo aveva visto per l’intero giorno. Pregò che non si fosse andato a cacciare in qualche storia strana. Era insolitamente affamato. Mangiava poco. Il suo corpo magro non aveva bisogno di troppe calorie per andare avanti. Non fece in tempo ad addentare una mela che fu interrotto.
“Signor… Robert! Che ci fai qui?”
“Mi dispiace essermi introdotto così. Avrei voluto esserci per la funzione ma non ho fatto in tempo”
“Non ha importanza” Julian era imbarazzato. Anche di più del solito. Era solo con Robert, in refettorio. E trovava quella visita così inappropriata, anche se lo rendeva entusiasta. Non è buffo come le cose che ci rendono felici possono essere le più sconvenienti?
“Sono venuto perché avrei necessità di parlarti… ” Julian restò in silenzio.
Se sto zitto non combinerò nessun guaio irrimediabile. Considerò. Pregò che Donald o la signora Rose giungessero all’improvviso. Il corpo dell’uomo era così vicino al suo che poteva sentire l’odore dei suoi capelli…

2 commenti:

Alex G. ha detto...

Mi piace quest storia, questo sntimento sopito che comincia a prendere forma fino a quando esplode in tutta la sua potenza in padre Julian che cede alla passione e all'amore che prova per Robert. Continua così, sono curiosa di leggere anche i capitoli seguenti.

Silvia Azzaroli ha detto...

Hihihi vedo che le cose si stanno facendo sempre più complicate, diciamo così.
Bellissimi i pensieri di Julian, che, costretto a nascondersi al mondo, parla almeno a se stesso del suo modo di essere e della sua attrazione irresistibile per Robert.
Adoro i momenti intimistici.
Ma Robert cosa pensa? Certo che questa sua improvvisata!
E padre Donald sempre più malizioso, che dice la verità ad alta voce, quella verità che nessuno vuole sentire o vedere!